IL POTERE DELL’ASCOLTO

– Qual è la cosa di cui hanno più bisogno gli esseri umani?
– Il desiderio sconfinato di essere ascoltati.
(Eugenio Borgna, psichiatra)

L’ascolto è salvifico: è quella disposizione di corpo, mente ed spirito che restituisce dignità e presenza a noi e agli altri.

L’ascolto è paziente: sa aspettare e non ha fretta.

L’ascolto è “comprensivo”: sa accogliere ed è tollerante (sospende il giudizio).

L’ascolto è attivo: non è mero sentire, ma comporta desiderio e impegno. Impiega energie. A volte stanca ed è per questo che è importante prepararsi prima per un buon ascolto e darsi il tempo poi per ricaricarsi.

L’ascolto è umile: comporta il farsi piccoli o mettersi tra parentesi per dare spazio non solo alle parole, ma anche ai silenzi dell’altro.

L’ascolto è liberante: ci permette di essere come siamo e di essere al centro anziché ai margini.

L’ascolto è maieutico: letteralmente “tira fuori” noi da noi, ci fa conoscere meglio.

L’ascolto è un’arte: mette in moto, conduce verso un significato.

Come dice Marianella Sclavi (sociologa) – nelle sette regole dell’arte dell’ascoltare -“un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili” e per questo aperto alla vita e agli altri fino al più piccolo, imprevedibile e trascurabile segnale.

Saper ascoltare è per alcuni una dote, ma lo si può anche imparare, come per ogni cosa, facendone esperienza ed allenandosi.

Io ne ho fatto esperienza – personale e professionale – quasi vent’anni fa, in uno dei miei primi lavori presso il Centro di Valorizzazione per l’Impiego, il cui progetto era denominato MOMO, dall’omonimo libro di M. Ende: la storia di una straordinaria bambina senza dimora dotata di una peculiare capacità di ascolto in grado di produrre effetti “terapeutici” su tutti coloro che si confidavano con lei.

“… lei stava soltanto lì e ascoltava con grande attenzione e vivo interesse. Mentre teneva i suoi vividi grandi occhi scuri sull’ altro, l’ altro sentiva con sorpresa emergere pensieri –  riposti dove e quando? -– che mai aveva sospettato di possedere (…)

“E se qualcuno credeva che la sua vita fosse sbagliata e insignificante e di essere soltanto una nullità fra milioni di persone, uno che non conta e che può essere sostituito – come una brocca rotta –  e andava lì e raccontava le proprie angustie alla piccola Momo, ecco che, in modo inspiegabile, mentre parlava, gli si chiariva l’errore; perché lui, proprio lui così com’era, era unico al mondo, quindi, per la sua peculiare maniera di essere, individuo importantissimo per il mondo. Così sapeva ascoltare Momo!””

Grande attenzione e vivo interesse”: ecco gli ingredienti principali dell’ascolto. Così come il fatto che l’ascolto per essere efficace è importante sia accompagnato dallo sguardo, che non è mero vedere ma straordinario guardare e riguardare.

L’arte dell’ascolto è uno degli elementi fondanti del counselling: se non c’è ascolto non c’è riconoscimento, se non c’è riconoscimento non c’è consapevolezza e se non c’è consapevolezza non c’è crescita.

Infine, se non c’è ascolto non c’è rispetto (re-spicere: guardare più volte, avere ri-guardo) e non c’è cura, intesa nel senso più ampio del prendersi cura (avere a cuore, riguardare, essere responsabili, essere custodi).

Non si ascolta solo gli altri, ma è forse prioritario ascoltare se stessi.

Come dentro, così fuori, recita un antico adagio. Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te stesso, recita un altro.

Qual’ è l’ultima volta che ci siamo sentiti veramente ascoltati? Cosa abbiamo provato? Abbiamo ascoltato veramente qualcun’altro? Quante volte lo facciamo? Abbiamo colto l’effetto che fa? Siamo stati ringraziati per questo seppur non abbiamo fatto altro che stare in ascolto senza quasi proferir parola? Abbiamo osservato il volto di questa persona? Noi ci ascoltiamo? Ci diamo il tempo di capire cosa pensiamo e cosa proviamo e di cogliere le nostre intuizioni? Talvolta non c’è niente di meglio che fare piccoli esperimenti quotidiani per arrivare ad alcune considerazioni: ascoltare non è poi così difficile e fa bene a tutti, a chi lo fa e a chi lo riceve.

Quanto ascolto troviamo e sperimentiamo nei social e nella tecnologia? Ci illudiamo di costruire legami e invece istauriamo fragili connessioni che si aprono e si chiudono nel tempo di un click. Diventiamo pigri in una società che corre troppo in fretta e con la scusa di rimanere comunque in contatto ci dimentichiamo lentamente del piacere di trovarsi, raccontarsi ed ascoltarsi, magari condividendo una tazza di tè o caffè che comporterebbe sicuramente maggiore sforzo (trovare il tempo, fare “incastri” tra gli impegni, spostarsi per raggiungere l’altra persona e soprattutto “esporsi”) ma un benessere non evanescente, qualcosa che si staglia nella magica stanza dei ricordi, mattoncini colorati delle nostre costruzioni vitali e non castelli di vento.

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