COUNSELLING, COS’E’?
“…portami il girasole impazzito di luce”
(Eugenio Montale, in Ossi di seppia)
Spesso la cosa più difficile nella mia professione è proprio parlarne, ovvero dare una definizione sintetica ed esauriente di quello che faccio: “COUNSELLING”. Un termine ancora poco conosciuto ed a volte difficile anche solo da pronunciare, senza storpiarlo.
Si tratta di una parola inglese (da to counsel) che nella nostra lingua italiana si dovrebbe tradurre in “consiglio”. Tuttavia, questo significato è forviante rispetto alla reale pratica del counselling che non è dare consigli o fornire facili scorciatoie ai problemi, ma aiutare le persone a trovare e attivare le risorse e le capacità per far fronte al problema attuale e, altresì, comprendere come “aiutarsi nel tempo” di fronte a situazioni simili, maturando, oltre alla consapevolezza su di sé, una sorta di accrescimento interiore.
Carl Rogers, il padre della psicologia umanistica, scriveva a proposito: “lo scopo del counselling non è quello di risolvere un problema particolare, ma di aiutare l’individuo a crescere perché possa affrontare sia il problema attuale sia quelli successivi in maniera più integrata, ovvero con maggiore autonomia, responsabilità e consapevolezza”.
Inoltre, il focus di un percorso di counselling non è l’esplorazione del passato ma il presente e la progettualità futura sostenendo la capacità della persona di operare scelte e decisioni, coniugando libertà e responsabilità (non sempre bisogna sapere da dove viene il fuoco per spegnerlo!)
Il counselling è pertanto un percorso, fondato su una relazione d’aiuto e sull’ascolto attivo, nel quale il professionista (il counsellor) facilita e sostiene lo sviluppo delle risorse della persona che chiede aiuto (d’ora in poi il cliente), promuovendo benessere. Pur sottolineando che ogni percorso è a se e quindi PERSONALIZZATO, esso solitamente si realizza attraverso una serie di colloqui (che variano dai 5 ai 10/12) di un’ora circa e si “lavora” su un solo obiettivo ben definito (che viene individuato insieme nei primi incontri). Nulla vieta poi che, se ci fosse un altro aspetto/problema che si vuole approfondire, si possa attivare un altro percorso al termine del primo o qualche tempo dopo.
Per rendere più semplice la comprensione di un percorso “tipo”, ho pensato di identificare alcuni passaggi fondamentali che per praticità ho racchiuso in quattro macro aree (anche se si possono trovare suddivisioni diverse e a volte più specifiche). Esse sono:
- ACCOGLIENZA: è la fase dell’incontro, della presentazione reciproca e dell’ascolto di ciò che porta il cliente – il suo racconto – in modo aperto e con meno interruzioni possibili. Il counsellor nel primo colloquio esplicita le caratteristiche e le “regole” del percorso perché si possa partire da una base di chiarezza, trasparenza e fiducia. Si può valutare al contempo se ciò che porta la persona può essere adatto ad un percorso di counselling.
n.b. Il counsellor non è uno psicologo, non fa diagnosi e non mette in atto una terapia, ma è un esperto di relazione d’ aiuto che conosce bene i confini della propria professione e che opera in tutte quelle situazioni “esistenziali” (difficoltà o conflitti in ambito relazionale, momenti di cambiamento importanti e situazioni di crisi o malessere oppure desiderio di lavorare su alcuni aspetti della propria crescita personale e avere maggiore conoscenza e chiarezza delle proprie dinamiche interiori, bisogno di orientamento sia in ambito personale che professionale e di prendere coscienza di ciò che ha significato per sé), in cui non siano presenti psicopatologie. Nel caso riscontri problematiche più complesse e meritevoli di un altro approccio, il counsellor possiede la competenza per orientare, ed in alcuni casi accompagnare, il cliente alle figure più idonee alla presa in cura. Nel percorso di studi ha maturato competenze soprattutto nella conduzione dei colloqui (l’arte di saper ascoltare), essendo previsti molti momenti di simulazioni supervisionati da counsellor professionisti e psicoterapeuti.
- FOCALIZZAZIONE E DEFINIZIONE DEL PROBLEMA. Successivamente, nel caso in cui il percorso prenda avvio, si cercherà insieme di capire quale aspetto/“problema”, tra i tanti che spesso emergono ed a volte in modo ingarbugliato e sovrapposto, ha la priorità. In una parola “focalizzare” e definire il problema, ovvero fare chiarezza e scegliere quello più pregante per noi. E’la fase in cui il counsellor facilita l’esplorazione del cliente.
n.b. Il fatto stesso di raccontarsi, di mettere in ordine, di fare il punto e di “ascoltarsi” nel riflesso delle parole del counsellor, che spesso semplicemente riformula quanto detto dal cliente, ha già un grosso potere ai fini della nostra consapevolezza, che non è altro che il primo passo per il cambiamento! La narrazione ha un valore terapeutico d’eccezione: “più qualcuno mi ascolta più io mi esploro!”
- PERSONALIZZAZIONE E INDIVIDUAZIONE STRATEGIE D’AZIONE. Si opera un bilancio tra i desiderata (vorrei…), le risorse/possibilità (potrei…) e i valori del cliente (perchè ci si muove sempre nella cornice di senso della persona!) cercando poi di capire quale siano le azioni e strategie che si possono mettere in campo e, perché no, iniziare a sperimentarle, a piccoli passi, già durante il percorso in essere. All’individuazione delle azioni da mettere in campo giunge il cliente attraverso il “lavoro” svolto nel percorso.
- CONGEDO: fase delicata in cui si termina il percorso. Si riprende quanto fatto insieme nei passaggi fondamentali e si ha modo di restituirsi il valore dell’ esperienza di counselling e capire cosa si porta a casa il cliente. E’ come srotolare una pergamena dove vi è disegnato e colorato un tratto di strada percorso insieme ed a volte un nuovo paesaggio!
Termino questo excursus con alcune considerazioni.
- Importanza dell’incontro tra persone. Il counsellor porta nell’incontro la propria professionalità e l’orientamento teorico al quale si rifà (nel mio caso la logoterapia) ma anche la propria persona e l’empatia che stabilisce nella relazione. E’ importante che si crei una base di trasparenza e fiducia che permetta al cliente di far fluire con più serenità i propri vissuti. Per questo motivo ho deciso di riservare il primo incontro gratuito.
- Lavoro sulla persona (il cliente) e non sulle situazioni o sulle persone coinvolte o ritenute responsabili del problema. Può capitare, ad esempio, di portare un “problema” legandolo soprattutto ad una situazione o ad una persona; diventa tuttavia importante capire che in seduta ci siamo noi e il lavoro lo facciamo sempre e comunque su di noi e mai sugli altri.
- Nel percorso di counselling la persona si rende disponibile a mettersi in gioco e fare un lavoro su di sé, cercando le proprie aree di libertà e responsabilità. La persona si decide, sempre! Il lavoro sul proprio atteggiamento sia per accettare situazioni non modificabili (es. un lutto) che per cambiare situazioni modificabili (es. un lavoro) è imprescindibile!
- I problemi che diventano non-problemi. Si dice spesso che si sciolgano come neve al sole. Cos’è questo Sole? La nostra consapevolezza, la nostra luce che si riattiva.
- Girare lo sguardo e cambiare prospettiva. Il girasole è l’immagine che prendo a prestito da Teresa, un piacevole incontro estivo, per significare quanto sia importante la direzione di senso verso la quale ci si volge: andare verso il sole, la luce, la chiarezza interiore di ciò che è importante per noi. Il counselling esistenziale frankliano ha questo obiettivo come centro di tutta la pratica. A volte si potrà ancora perdere la strada, ma si sarà imparato a TORNARE nella direzione di senso del nostro percorso! Il girasole esprime anche “la moltitudine nell’uno” (la spirale del girasole formata da fiori di piccolissime dimensioni), ovvero potremmo vederci le infinite possibilità dentro ognuno di noi, che spesso non cogliamo razionalmente ma che possono essere riattivate intuitivamente e questa parte profonda può essere “contattata” durante il percorso di counselling attivando sia la riflessione interiore che la creatività!.
- CUM-SOLERE :“ALZARSI INSIEME” è la radice latina alla quale si fa risalire il termine counselling. Nel counselling il viaggio di ricerca e di riscoperta si fa sempre insieme, sentendosi accompagnati più che guidati! Si tratta di tornare a casa (a noi stessi e alla nostra direzione di senso) e il riflesso emotivo di questo TORNARE è la GIOIA, una sorta di appagamento interiore.